International Polar Foundation - Filtrazione e trattamento dell’acqua all’avanguardia
Innovativa gestione dell’acqua nella stazione di ricerca “Princess Elisabeth”
La International Polar Foundation (IPF) si affida alle soluzioni ifm per raggiungere l’obiettivo “Zero Emission” nell’Antartide.
Dal 2028 in Europa saranno obbligatori gli edifici a emissioni zero. Lo ha deciso l’UE. Ciò che alle nostre latitudini è ancora più o meno un’utopia, già da tempo è una realtà in Antartide, dove la prima stazione a emissioni zero sfida le dure condizioni con la Princess Elisabeth. L'edificio, iconico e all'avanguardia, ospita quella che probabilmente è l'applicazione più a sud con tecnologia di automazione di ifm.
È un continente di condizioni estreme. Ghiaccio fino a 5000 metri di spessore, temperatura media annua di -55 gradi centigradi, quasi 6 mesi di buio: l’Antartide è probabilmente il luogo più inospitale in cui l'uomo possa stabilirsi in modo permanente. Eppure i ricercatori si recano regolarmente al Polo Sud per lavorare in vari campi di ricerca come la glaciologia, la ricerca sul clima, la microbiologia e la geologia, al fine di ottenere una migliore comprensione del mondo.
Per facilitare la ricerca polare e allo stesso tempo proteggere l'ambiente, la International Polar Foundation (IPF) ha realizzato la stazione di ricerca “Princess Elisabeth Antarctica” in collaborazione con il governo belga e numerosi partner privati. La stazione, inaugurata nel 2009, è straordinaria: è la prima e finora unica stazione di ricerca nell’Antartide che funziona senza emissioni. La stazione è abitata quattro mesi all’anno, negli otto mesi invernali continua a lavorare in autonomia, raccoglie dati di ricerca e li trasmette tramite satellite in Belgio.
Zero emissioni anche nel consumo di acqua
La corrente che serve per far funzionare l’impianto viene prodotta con la forza del vento e del sole. Neve e ghiaccio forniscono l’acqua che serve ai ricercatori e ai tecnici. Ed è proprio qui, nella produzione e nel trattamento dell’acqua che risiede una grossa responsabilità: “Per soddisfare l’obiettivo di emissioni zero nella gestione dell'acqua, è fondamentale ripristinare la purezza dell'acqua estratta dalla neve dopo che è stata utilizzata e prima che venga restituita alla natura. Infatti questo è l’unico modo per chiudere veramente il ciclo dell’acqua e ridurre al minimo il nostro impatto sulla natura antartica”, afferma Aymar de Lichtervelde, ingegnere responsabile del progetto.
Da 16 a 50 persone
Per poter garantire questo aspetto a lungo termine, nell’estate antartica del 2023/24 è entrato in funzione un nuovo impianto per il trattamento dell’acqua. “Quando nel 2009 è stata costruita la stazione polare, era progettata per 16 persone. Oggi, qui, nei mesi estivi vi lavorano dalle 40 alle 50 persone. È stato dunque necessario ridimensionare l'impianto di trattamento delle acque di conseguenza per continuare a soddisfare la domanda e per essere in grado di trattare il maggior volume di acqua di servizio".
Maggiore percentuale di riciclaggio, meno energia necessaria
Aymar de Lichtervelde ne calcola il significato in cifre: “Calcoliamo un fabbisogno quotidiano di acqua di circa 50 litri a persona. È tre volte inferiore al consumo medio dei nuclei familiari in Europa. È importante menzionare questo aspetto perché, come per l'energia, il primo passo è sempre quello di ridurre i consumi. Il passo successivo riguarda la produzione dell’acqua: il 60% della nostra acqua proviene dalla natura, sciogliendo la neve, arricchendola di minerali e trasformandola in acqua potabile. Il 40% viene riutilizzato dalle acque reflue trattate". L'elevata percentuale di acqua riutilizzata è dovuta al nuovo impianto di trattamento: in passato era possibile riutilizzare solo il 20% dell'acqua. La crescita si riflette positivamente sull’energia necessaria alla stazione: per il riciclaggio è necessaria un'energia dieci volte inferiore a quella che occorre per sciogliere la neve.
Su 55 litri di acqua industriale rimangono 30 grammi di fango secco
"Ora possiamo trattare il 100% delle acque grigie e nere prodotte nell'impianto per reimmetterle nel nostro ciclo interno o restituirle alla natura come acqua depurata. Poiché l’Antartide non è uno stato, non vi sono standard definiti per quanto riguarda la qualità dell’acqua che possiamo introdurre. Il protocollo di Madrid definisce una serie di best practice che vanno osservate, ma non stabilisce standard quantitativi. Pertanto noi ci orientiamo alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità per quanto riguarda l’acqua potabile. Si tratta di una base ambiziosa dal punto di vista ambientale e vantaggiosa per la nostra attività, in quanto possiamo riutilizzare l'acqua senza problemi di comfort o di accettazione da parte degli utenti”. Anche gli altri dati sono impressionanti: l’impianto di trattamento è in grado di trasformare 55 libri di acque grigie e nere in 54 litri di acqua ultrapura. Ogni giorno restano solo 30 grammi di fango secco, il resto evapora. Il fango viene raccolto ed esportato dopo alcuni anni in Sudafrica, dove viene bruciato.
Il valore aggiunto di IO-Link si è capito in fretta
“Tutto questo è possibile in misura sostenibile soltanto se il sistema funziona alla perfezione”, afferma Aymar de Lichtervelde. “Per questo motivo due anni fa, quando abbiamo iniziato a progettare il nuovo impianto di trattamento dell’acqua, abbiamo deciso di utilizzare una tecnologia che fosse di facile manutenzione e che, in caso di emergenza, fosse facile da sostituire. Quando abbiamo esaminato più da vicino IO-Link, abbiamo capito subito che volevamo utilizzare questa tecnologia per integrare i sensori nell’impianto, in quanto ci offre un valore aggiunto sotto molti aspetti". IO-Link è un sistema di comunicazione digitale punto a punto in cui i sensori trasmettono i loro dati a un master, che a sua volta li inoltra a livello di bus di campo. Anziché posare i cavi da ogni sensore al quadro elettrico come nel cablaggio classico analogico, i segnali del sensore possono essere raccolti in modo decentralizzato da master IO-Link da campo e inoltrati in pacchetti al livello di campo superiore.
Rapida parametrizzazione, montaggio semplice in sito
“Utilizzando i master IO-Link da campo di ifm, si riduce notevolmente il cablaggio”, afferma Aymar de Lichtervelde. Un altro vantaggio di questa tecnologia: i parametri dei singoli sensori possono essere salvati sul rispettivo master. Se un sensore difettoso viene sostituito da uno identico, i parametri vengono trasmessi automaticamente al nuovo dispositivo. "Per noi è un valore enorme, perché la sostituzione in loco può avvenire in modo rapido e semplice. In caso di dubbi, persino da personale non specializzato”.
Princess Elisabeth è a disposizione delle scienziate e degli scienziati solo quattro mesi all’anno. Tempo prezioso, in cui tutti i sistemi devono funzionare in modo affidabile. “Per questo motivo, abbiamo provveduto a installare completamente e testare intensamente il nuovo impianto in Belgio. In seguito, tutto è stato scomposto in componenti più piccoli per la spedizione via mare. Anche in questo caso il principio IO-Link è stato molto utile, in quanto grazie ai connettori standardizzati M12 il ricablaggio si è svolto sul posto senza errori e in poco tempo”.
Figura 1: I master IO-Link raccolgono i dati dei sensori in modo decentralizzato e li inoltrano al sistema di controllo e al livello IT. I master sono collegati tra loro tramite daisy chain, riducendo così ulteriormente il cablaggio.
Figura 2: Flusso attuale, temperatura e quantità totale sotto controllo: il flussimetro SM rileva le variabili pertinenti in uno spazio di installazione ridottissimo.
© 2024 International Polar Foundation
Flussimetro SM: creato per spazi ristretti
Il nuovo impianto, composto da due sistemi ridondanti, è dotato tra l’altro di flussimetri SM dello specialista dell’automazione ifm. Oltre alla portata attuale, rilevano anche la portata totale e la temperatura del fluido. Tutti i valori vengono visualizzati chiaramente sul display. Su richiesta, un cambiamento di colore da rosso a verde segnala se i valori rientrano o meno nell’intervallo previsto. Il tubo di misura ottimizzato garantisce una perdita ridotta della pressione, pertanto è possibile ridurre la potenza della pompa. Inoltre, non c’è bisogno né della tubazione a monte né di quella a valle. E questo è un enorme vantaggio soprattutto in spazi ristretti. Altri sensori, ad esempio i sensori per valvole e quelli di livello trasmettono ulteriori informazioni importanti sullo stato attuale del trattamento dell’acqua.
Condition Monitoring dell’impianto anche tramite accesso remoto
Informazioni rilevanti non solo per il sistema di controllo, ma anche per un Condition Monitoring continuo: tutti i valori misurati vengono trasmessi al livello IT con informazioni diagnostiche aggiuntive che forniscono indicazioni sullo stato di ogni singolo sensore IO-Link. Questo non solo semplifica la manutenzione durante la permanenza nella stazione, ma ci permette anche di tenere sotto controllo le condizioni della struttura da remoto durante i mesi invernali antartici e di preparare l’impianto all’utilizzo nella stagione di ricerca successiva”.
Aymar DE Lichtervelde analizza due campioni d’acqua: a sinistra le acque reflue introdotte all’ingresso del sistema (in questo caso acque nere), a destra l’acqua depurata che può essere riutilizzata o restituita all’ambiente. © 2024 International Polar Foundation
L’impianto di trattamento dell’acqua della stazione di ricerca Princess Elisabeth: prelievo e restituzione alla natura si bilanciano. © 2024 International Polar Foundation
Conclusioni
Con una moderna tecnica di automazione e IO-Link come tecnologia della comunicazione di dati, la International Polar Foundation è in grado di assicurare un trattamento sempre affidabile dell’acqua nella stazione di ricerca Princess Elisabeth. Sia sul posto che da Bruxelles, a circa 13.500 chilometri di distanza in linea d’aria.